BENVENUTI A TUTTI!

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Siamo la 2^ F della Scuola Media di Agnosine, in provincia di Brescia, e questo è il nostro blog! Lo abbiamo creato perché vogliamo condividere con altri ragazzi le nostre storie, le nostre riflessioni e le cose belle e brutte che ci capitano...

martedì 24 dicembre 2013

"DETTO TRA NOI - FG Info al Top"

        2^F e 2^G con Prof.ssa Claudia Benaglia, Prof. Nicola Quinzani e Barbara Favaro  ("NEVERLAND... dove vivono le Storie")

Quest'anno con Neverland ci siamo trasformati in giornalisti. Non per gioco, no, abbiamo scritto il primo numero del giornalino della scuola e lo abbiamo chiamato "DETTO TRA NOI - FG Info al Top"

E' un titolo un po' lungo, ma volevamo fosse originale e che parlasse di noi... ecco fatto! 

Ci siamo buttati in avventure che neppure potevamo immaginare, e per provarvi che abbiamo fatto un lavoro serio abbiamo deciso di pubblicare qualcosa qui sul nostro superblog. Siete pronti?

Bene, la prima cosa che vogliamo condividere con voi è un incontro speciale, con una pittrice che si chiama Laura Giardina e che ci ha fatto entrare nel suo mondo. Qui sotto mettiamo il nostro articolo così potete leggerlo e capire perché per noi è stato speciale. 

Secondo noi vi piacerà, e se avete domande da farci o volete mettervi in contatto con noi scriveteci un commento... noi vi rispondiamo con piacere. 

Ciao e continuate a venire a trovarci qui sul blog che ci saranno altre cose belle nei prossimi giorni!

La Redazione 
(auguri di Buon Natale a tutti!)

il sito di Marshall (clicca qui) FORK in the ROAD







giovedì 12 settembre 2013

UN'AVVENTURA MOZZAFIATO di Alberto F.

Mi chiamo Alberto e amo molto la natura e gli animali. Il mio racconto ve lo dimostrerà! 

Peter era un simpatico ragazzo di dodici anni. Era abbastanza alto e robusto, molto veloce e agile come uno scoiattolo.
Nel viso tondo e colorito risaltavano gli occhi grandi e vispi, azzurri come il cielo; i capelli ricci color rame gli davano un tocco selvaggio.
Viveva con i genitori a Grindelwald, un paesino ai piedi delle Alpi Svizzere dove il papà gestiva alcune malghe.
Peater fin da piccolo seguiva il papà nel lavoro; all'età di quattro anni aveva imparato a pascolare le mucche in compagnia del suo fedele cane da pastore Dalì.
Ora poteva da solo dare il fieno alle mucche, mungere a mano, fare il burro e lavorava nei campi soprattutto d'estate e nei fine settimana.
Era particolarmente socievole: tutti in paese lo conoscevano ed egli conosceva tutti e chiacchierava con chiunque lo avvicinasse.
Agli anziani si rivolgeva in dialetto per parlare di animali, di caccia, di piante, con le signore commentava il tempo, ai bambini permetteva di accarezzare i cuccioli di cane, gli agnellini e i vitellini.
Andava a scuola volentieri anche se soffriva a stare per più di due ore in un luogo chiuso; per questo i professori gli concedevano di fare quattro passi in cortile ogni tanto.
Peater aveva un grande sogno, voleva diventare un veterinario per poter curare e far nascere gli animali che adorava.
In una notte di inverno, buia e nevosa, stava aiutando il papà a intagliare il legno quando sentirono bussare alla porta.
Il padre, Piero, mandò Peater ad aprire; si trovò davanti tre uomini con indosso giubbotti di pelle e cuffie di pelo. Dalle loro spalle pendevano fucili, nella cintura erano infilati coltelli.
Peater restò sbalordito, ma il più anziano dei tre lo rassicurò che non volevano fargli del male; il ragazzo chiamò il padre al quale chiesero ospitalità per quella notte.
Piero, sapendo che c'era in arrivo una bufera di neve rispose subito di sì e li fece accomodare nella camera degli ospiti.
Peater era rimasto impressionato da quei strani tipi, nel recarsi a dormire si fermò a origliare dietro alla loro porta e li sentì bisbigliare:
Li beccheremo domani ai piedi del San Gottardo.”
Sarà un gioco da ragazzi intrappolare quegli stupidi cervi!”
Peater capì in quell'istante che si trattava di bracconieri: doveva avvisare subito il suo amico Jon. 
Pronto, Jon, ho bisogno di parlarti, una questione urgente. Vediamoci davanti alla chiesa tra dieci minuti.” 
Come faccio ad uscire senza farmi beccare dai miei genitori, Peater?!” 
Usa il solito modo! Esci dalla finestra e calati dall'albero, ha sempre funzionato!” 
Va bene... arrivo.”
Peater si imbacuccò, uscì dalla casa senza far rumore e si diresse all'appuntamento. Arrivato, Jon gli chiese cosa ci fosse di tanto urgente e l'amico gli raccontò tutto.
Decisero di mettere a punto un piano per fermare quei cacciatori di frodo.
Peater non chiuse occhio per tutta la notte al pensiero di ciò che lo aspettava il giorno successivo; non appena sentì rumori e voci provenire dalla camera dei tipi si preparò e spedì un messaggio a Jon.

Una mezz'ora più tardi i due amici stavano percorrendo una stradina di montagna a una distanza adeguata dai bracconieri che controllavano i dintorni con un binocolo.
Camminarono per ore e ore, affondando nella neve, nascondendosi tra le rocce, attenti a non farsi scorgere e preoccupati di perdere di vista i tre uomini.
Quando questi si fermarono, Jon cercò di capire, leggendo con attenzione la mappa, dove si trovavano.
Non avevano dubbi: erano ai piedi del San Gottardo.
Jon telefonò ad un suo amico, agente della Guardia Forestale, il quale comunicò che li avrebbe raggiunti entro tre ore perché il loro mezzo era bloccato al Passo dell'Orso a causa di una bufera di neve.
Peater con il binocolo teneva d'occhio i bracconieri; in lontananza scorse altre due figure che si dirigevano verso di loro.
Dopo un po' li vide unirsi alla combriccola e confabulare con loro ad ampi gesti, stavano mettendo a punto il loro diabolico piano!
Di lì a poco li videro dirigersi ognuno in un punto diverso: appostandosi come d'accordo.
I due ragazzi decisero di muoversi portandosi il più vicino possibile agli uomini fino a ritrovarsi nascosti dietro ad un masso.
Peater si accorse che il più anziano aveva imbracciato il fucile e stava prendendo la mira; afferrò la sua mitica fionda e scagliò con tutta la sua forza e la precisione di cui era capace un sasso che centrò il bersaglio colpendo l'uomo al braccio.
Anche Jon fece lo stesso con l'altro cacciatore.
Disorientati, barcollarono entrambi e caddero a terra; i due ragazzi li raggiunsero di corsa, li legarono e li imbavagliarono.
Erano ora indecisi sul da farsi, sentirono degli altoparlanti che intimavano l'alt:
Corpo forestale, gettate le armi e arrendetevi!” 
Incredibile! Erano arrivati proprio al momento giusto!Gli agenti, dopo aver ammanettato i delinquenti, si congratularono con i due amici e proposero loro di entrare a far parte della loro pattuglia.Peater e Jon accettarono l'incarico a patto che i turni li facessero sempre insieme, e da quel momento diventarono piuttosto famosi nelle montagne dove vivevano.

mercoledì 11 settembre 2013

LA PIETRA DI ALIUS di Yousra B.

Mi chiamo Yousra e ho scritto un racconto che parla di una ragazza che adora il calcio, proprio come me!





Mi chiamo Anna e ho sette anni e sono bravissima a giocare a calcio.
Un giorno, dopo un'importante partita, mentre stavamo ritornando a casa (i miei genitori, i miei fratelli ed io) una valanga ci ha travolto provocando un pauroso incidente.
Mio fratello Shown ed io siamo sopravvissuti, purtroppo i miei genitori e il mio fratellino più piccolo no.
Io e Shown ancora sotto shock, visto che i soccorsi non arrivavano ci siamo decisi a metterci in cammino per cercare aiuto prima che diventasse buio.
Dopo quasi un'ora in lontananza abbiamo visto una casetta, ci siamo precipitati correndo e una volta raggiunto l'uscio abbiamo visto che ad una lunga tavola erano seduti dieci bambini e un signore.
Ciao piccolini, come vi chiamate? - ci chiese il signore.
Non volevamo rispondere perché ci faceva un po' paura, ma quel signore ci accolse nella sua casa e ci fece entrare nella sua famiglia fino a quando abbiamo compiuto undici anni.

Un giorno io e Shown stavamo giocando a calcio non lontano da casa e un talent-scout ci avvicinò per proporci di entrare a far parte di una squadra importante per giocare nel campionato.
La squadra più temibile da sconfiggere era quella del terribile Signor X che aveva con sé la Pietra di Alius (pietra magica che donava un superpoter alla squadra che la possedeva): erano loro i campioni, da molte stagioni imbattibili.

Ci allenavamo tutti i giorni per prepararci alla grande sfida e finalmente quel giorno arrivò:
dopo aver vinto tante partite eravamo di fronte alla squadra di Alius e sapevamo che vincere sarebbe stato quasi impossibile.

Siamo scesi in campo determinati e carichi, ci siamo messi in posizione in attesa del fischio d'inizio, ma quando mi impossessai della palla e corsi verso la porta avversaria ebbi una visione: mio fratello Xavier, che doveva essere morto durane l'incidente, mi stava davanti per impedirmi di andare a rete.
Persi la concentrazione e anche il pallone, e quel primo tempo fu disastroso.
Negli spogliatoi parlai con Shown per cercare di capire come fosse possibile una cosa del genere. Evidentemente Xavier era sopravvissuto e il Signor X l'aveva preso con sé per giocare nella sua squadra. Dovevamo convincerlo ad abbandonare il campo e a cambiare squadra, dovevamo averlo di nuovo con noi.

Durante il secondo tempo, in qualche modo riuscii ad attirare l'attenzione di Xavier, lui mi riconobbe e capii in quel momento che era contento di averci ritrovato.
Purtroppo anche quel secondo tempo ci vedeva in forte svantaggio, Xavier cercava di sbagliare tiro, di rallentare il gioco per permetterci una rimonta, ma la Pietra di Alius rimetteva con il suo potere magico tutto di nuovo a loro favore.

A pochi minuti dalla fine della partita, il Signor X chiamò a raccolta i suoi ragazzi e minacciò Xavier di cacciarlo via dalla squadra se non avesse smesso immediatamente di giocare contro i suoi stessi compagni. Si era accorto di tutto, ed era veramente arrabbiato.
Xavier ebbe una reazione che non immaginavo, si tolse la maglietta e la lanciò addosso al terribile Signor X urlando che vincere in quel modo è una vergogna e che lui avrebbe lasciato subito la squadra.
Vedere che nostro fratello era stato così coraggioso da mettersi contro quel tipo detestabile e pericoloso ci diede coraggio. Shawn ed io ricominciammo a giocare più concentrati e vigorosi di prima, e in qualche modo riuscimmo a rimontare in pochi minuti il nostro svantaggio e a chiudere con un meritato pareggio!

La Pietra di Alius, stavolta non era riuscita a vincere sul legame di sangue di noi fratelli.
Il Signor X ci raggiunse negli spogliatoi, mentre Xavier, Shown ed io ci abbracciavamo felici, con la minaccia di mandare in frantumi la nostra carriera calcistica. A quel punto i miei fratelli lo presero e lo attaccarono al muro, dalla tasca del suo cappotto cadde la bellissima Pietra di Alius che andò in frantumi, lasciando attorno un silenzio di tomba.
Credo che ora tu ti debba preoccupare della tua squadra, Signor X – lo provocò Shawn.
Xavier sorrise soddisfatto e il Signor X raccolse i pezzi della pietra non più magica e si ritirò dalle scene.
Noi eravamo ancora insieme, pronti a vincere il campionato con tutta la nostra passione.

domenica 8 settembre 2013

ALVIN E IL SUPER SURF TEAM di Arianna G.

Ciao, mi chiamo Arianna e la mia storia parla del surf, uno sport che mi piace molto. L'ho voluta scrivere per farvi divertire, almeno spero!





Siamo un gruppo di giornalisti e siamo qui per intervistare un giovane surfista che ha appena vinto il trofeo del Super Surf Team, meglio conosciuto come SST, che si è tenuto sull'isola di Acunamatata.

"Ehi, campione, come ti chiami?"
"Sono Alvin"
"Ciao Alvin, ci racconti com'è andata la tua gara e le sensazioni che hai provato?"
"Okay, vi racconterò tutto quello che è successo. Tutto cominciò quando il Signor McPee, l'organizzatore del Trofeo SST, con il suo yacht arrivò sull'isola per cercare qualche surfista in gamba che partecipasse alla gara. Aveva un'aria schifata, non voleva quasi mettere piedi a terra. Gli urlai qualcosa cercando di farmi notare, quando mi vide calò l'ancora e venne a riva con una piccola barca.
Sbarcò e mi chiese se sapessi surfare. Io, naturalmente, risposi “Certo!”, con il mio solito fare da gradasso.
Mi chiese di mostrargli quello che sapevo fare. Così, presi la mia tavola in cerca di un'onda da cavalcare. Ne presi una, era piccola, ma lo stesso fui travolto e caddi in acqua.
McPee vista la scena mi disse che ero una nullità e che non avrei mai potuto partecipare al suo prestigioso trofeo, ritornò senza perdere tempo sul suo yacht e ripartì.
Non potevo accettare il suo rifiuto, cercai di seguirlo con la mia tavola e quando si accorse di me, colpito dalla mia testardaggine, mi fece salire a bordo.
Ho avuto così l'occasione di conoscere molti altri surfisti. Jim era sicuramente il più sciocco, ma anche il più simpatico e diventammo subito buoni amici. Arrivati ad Acunamatata incontrammo tutti gli altri concorrenti. Uno in particolare, un certo Dark, era un bullo odioso che se la prendeva con i più piccoli e credeva di essere il Re del Surf.
Decisi di affrontarlo direttamente:
Ehi, amico, ma chi ti credi di essere?
Lui, impettito e infastidito dalle mie parole, mi sfidò per dimostrare che era lui il vero Re del Surf, trattandomi proprio come un pivellino. Accettai subito per orgoglio e ci demmo appuntamento al giorno della gara del trofeo SST, che si sarebbe tenuto la settimana dopo.
Quella sera cercai rifugio per la notte, in una capanna di legno abbandonata, poco distante dalla spiaggia.
Il giorno seguente mi cercai un pezzo di mare dove allenarmi in pace e tranquillità.
Trovai una spiaggia semideserta dove il mare arrivava con delle splendide onde. Lì incontrai Steve, un anziano signore che conosceva bene l'arte del surf perché da giovane era stato per anni il campione dell'isola.
Gli chiesi se poteva insegnarmi qualche trucco, darmi qualche consiglio, dopo avergli raccontato del mio battibecco del giorno prima con Dark. Mi rispose che conosceva bene la maleducazione di quel tipo e che mi avrebbe aiutato volentieri.
Presi la mia tavola, ma prima di avventurarmi in acqua chiesi a Steve se per caso ci fossero degli squali da quelle parti. Molto sarcasticamente mi rispose:
Sì, una volta all'anno arrivano per mangiarsi qualche surfista, ma ora non è ancora stagione!
Dopo una settimana di duro allenamento, io e Steve ci presentammo alla spiaggia centrale da dove sarebbe partito il Trofeo SST. Dark era già lì ad infastidire il povero Jim. Abbandonai la tavola e mi precipitai a difendere Jim. Dark finse di allontanarsi, ma quando vide che la mia tavola era rimasta incustodita pensò subito di vendicarsi cospargendola di olio che mi avrebbe impedito l'aderenza dei piedi durante la gara.
Steve che aveva assistito alla brutta mossa di Dark, non potendo ripulire la tavola, mi fece indossare delle scarpette di gomma che mi avrebbero aiutato a rimanere con i piedi incollati alla tavola anche se ancora unta.
Anche durante la gara Dark cercò di ostacolarmi, tagliando l'onda davanti a me o cercando in tutti i modi di farmi cadere. Restammo gli ultimi in gara, verso sera, e all'ennesimo tentativo di Dark di buttarmi giù dalla tavola ci avvicinammo troppo a degli scogli che affioravano dall'acqua.
Gli urlai di fare attenzione, ma Dark si girò di scatto e la punta di uno scoglio gli sembrò una pinna di squalo. Preso dal panico perse l'equilibrio e abbandonò la sua tavola nuotando velocemente verso riva.
Io, rimasi senza avversari che mi disturbavano così cercai di godermi le ultime onde. Erano alte e potenti, ma assolutamente le più entusiasmanti per le acrobazie di un surfista. Producevano dei tunnel che attraversavo impavidamente sfiorando l'acqua, e uscendo dall'altra parte come un vero campione sa fare, e dalla spiaggia tutti mi incitavano.
La sera ci fu una grande festa e mi incoronarono campione dell'SST.
Anche Dark si congratulò con me e divenne un buon amico per me e per Jim.
Ho deciso di restare sull'isola con Jim, Steve mi ha preso a lavorare con lui e costruiremo le più belle e veloci tavole da surf di tutta l'isola.
Questa è la mia avventura all'SST", conclude Alvin.

Noi appassionati non riusciamo ad interrompere questo avvincente racconto, lo ringraziamo per la bella storia che ci ha voluto lasciare e che non vediamo l'ora di pubblicare domani sul nostro giornale.

domenica 1 settembre 2013

NEL REGNO DELLE FATE ROSSE E DELLE FATE BLU di Alessandro M.

Mi chiamo Alessandro, sono un alunno della 1°F, mi piace ridere e fare battute e per questo la mia storia contiene molti particolari divertenti... voglio far sorridere i lettori. 






C'era una volta, in una foresta incantata nel Canada, due regni di piccole fate completamente diversi l'uno dall'altro.

Nel Regno Rosso le fatine erano fissate con il colore rosso, appunto, e adoravano il fuoco.
Avevano ogni accessorio di bellezza color rosso, tranne i trucchi che erano quelli degli umani.
Nel Regno Blu, invece, le fatine erano fissate con il colore blu e adoravano l'acqua.
Avevano ogni accessorio di bellezza color blu, tranne i trucchi che erano quelli umani.
Entrambi i Regni erano abitati da piccole fate simili a ogni donna umana, solo con in più delle piccole alette sulle spalle e i capelli rossi o blu.
Questi due reami erano governati da due fate che si differenziavano dalle altre per la loro statura leggermente maggiore e l'elegante corona che portavano in testa.
Tutte le piccole fate vivevano in casette decorate di rosso o di blu, mentre la Fata Regina abitava in un palazzo decorato o di rosso o di blu.
I due Regni erano continuamente in guerra per futili motivi: per esempio una scatoletta di trucco umano che una fatina aveva trovato per caso ai margini della foresta.
La guerra delle fate non è come pensiamo noi, con spade, fucili, cannoni... ma consiste in una sfida di bellezza per ottenere il titolo di Miss Foresta.

Nel mondo degli umani c'era un ragazzo di nome Lacy che amava andare in giro per i boschi e le foreste specialmente il sabato pomeriggio quando non c'era scuola.
Lacy fin da piccolo sognava di volare e durante queste sue passeggiate chiudeva gli occhi, apriva le braccia e le tendeva e con un po' di fantasia si immaginava di librarsi in aria e di volare come un uccello.
Succedeva spesso che questi suoi quasi-voli finissero col farlo inciampare o farlo scontrare con qualche oggetto che per caso si trovava sulla sua strada.
Quel giorno si scontrò proprio contro un albero.
Fece finta di non accorgersi del dolore alla testa, fece finta di perdere un'ala e di lanciare il suo SOS.
Chiuse nuovamente gli occhi e sognò un'ala rotta.
Per sua sfortuna sulla sua traiettoria c'era un enorme tronco caduto e Lacy ci inciampò picchiando la faccia per terra.
Per quel pomeriggio ne aveva abbastanza, decise di cambiare rotta e di ritornarsene a casa a medicarsi le ferite.
Quella sera, mentre stava andando a letto, vide dalla finestra della sua camera due piccole donne volanti che lo incuriosirono moltissimo, tanto che decise di andare a controllare cosa fossero.
Le due fatine furono molto sorprese di constatare che Lacy poteva vederle, e con un po' di timore decisero di invitarlo a seguirle nel loro Regno delle Fate.
Quelle due fatine appartenevano al Regno Blu e si trovavano lì, vicino alla casa di Lacy, perché c'era un bel laghetto che loro amavano molto.
Lacy continuava a fissare le piccole ali delle fatine che gli sembravano bellissime, avrebbe tanto voluto un paio d'ali così anche per sé!
Perché io vi posso vedere?”, chiese Lacy all'improvviso alle fatine, ricordandosi che solitamente gli umani non possono vedere gli esseri magici.
Perché sei un umano con il cuore puro, non c'è altra spiegazione possibile!”, rispose alzando le spalle una delle due fatine blu.
Le fatine si fermarono ai piedi di una grande quercia, spostarono le foglie cadute a terra e apparve loro uno strano bottone con una scritta indecifrabile per noi umani.
Cosa significa?”, chiese Lacy sempre più curioso.Se sei una fata blu suona questo campanello”, rispose una delle fatine ridacchiando.Poi lo fece, pigiò il bottone e magicamente apparve davanti a loro una porta. Lacy aprì la porta e si trovò dentro ad una casa di fata blu!C'era un lago e moltissime fatine in altrettante casette e sopra un enorme sasso si ergeva il palazzo reale.Le due creaturine spiegarono che quella era casa loro, quello era il loro lago e quello il palazzo della loro Regina.
Lacy osservava tutto a bocca aperta.
Ad un tratto comparvero davanti a lui altre piccole fate, ma Rosse. Erano un bel gruppetto, si fermarono proprio ad un centimetro dal naso di Lacy e dissero:
Noi siamo le fate del Regno Rosso e siamo ben più belle di quelle streghe blu!”
A quel punto una fatina Blu presa dalla stizza ribatté:Guardatevi bene allo specchio, brutte rane! Guardate che capelli che avete, ma ogni tanto ve li pettinate almeno? E quando imparerete come si mette un rossetto? Sembrate dei pagliacci!”
Lacy non poté trattenere una risata e questo fece scatenare una vera e propria zuffa tra fatine. Che guaio!
Volavano insulti e rossetti a non finire... Lacy non sapeva che cosa fare per calmare gli animi, ad un certo punto urlò:
Basta! A me piacete tutte, sia Rosse sia Blu!” 
Non fu una buona idea, le fatine sono esseri molto vanitosi e permalosi e anche vendicative.
La lotta prese nuova forza: al suono di un fischietto arrivarono nuove fate soldatesse armate di rossetti e fu il finimondo. Lacy era esasperato: 
Alt! Ma si può sapere che cosa ci faccio io qui?”, urlò sperando che qualcuno lo sentisse.
Tutte le fatine di colpo si fermarono e due di loro, elegantissime, con la corona in testa gli si avvicinarono: 
Siamo le Fate Regina dei due Regni, aspettavamo da tempo un umano che potesse decretare la vincitrice del concorso Miss Foresta, ovvero la fata più bella della foresta. Ora noi sfileremo per te e tu deciderai chi di noi si merita il titolo di Miss, ok?”
Lacy non sapeva se ridere o se piangere, lui odiava queste cose! 
No, no e poi no! A parte che io detesto le sfilate, ma poi io che cosa ci guadagnerei?”
A quel punto una fatina blu prese la parola: 
Potremo darti il potere di volare...”
A quel punto Lacy si convinse subito: voleva volare con tutte le sue forze e ora il suo sogno poteva avverarsi!
La sfilata iniziò il giorno successivo, sarebbe durata per ben tre giorni, durante i quali le concorrenti si sfidavano in impegnative prove di cucina, di trucco, ecc.
L'ultimo giorno tutte le fatine sfilarono sulla passerella. Le fatine avevano cucito per Lacy una bellissima coperta che adagiarono ai piedi di un bellissimo albero per poter valutare ogni concorrente sia del Regno Blu che del Regno Rosso.
Inutile dirlo, Lacy non riusciva a decidersi, allora durante la notte decise di fare a tutte un regalo. Il piano era di portarle nel mondo umano per comprare loro i tanto amati trucchi di cui andavano pazze.
Le fatine apprezzarono tantissimo la generosità di Lacy e quando lui chiese che anche il suo desiderio fosse realizzato, cinque fatine blu e cinque fatine rosse iniziarono a volargli attorno e dal nulla comparvero due belle ali sulle spalle del loro amico umano.
Lacy era felicissimo, poteva volare!
Fece qualche giretto per prendere bene le misure e poi salutando tutte si diresse fuori dal regno delle fate ma...
appena varcata la soglia le ali di colpo sparirono!
Lacy era furioso, si sentiva preso in giro... andò in camera di sua madre e le rubò tutti i rossetti:
Adesso ritorno là e faccio io la guerra dei rossetti contro tutti e due i regno così imparano a ridere di me!”
Così fece, ma vista la sua determinazione a vendicarsi le fate Blu e le fate Rosse si unirono in un solo esercito e riuscirono a buttare a terra Lacy.
A quel punto non c'era altro da fare se non farsi una bella risata... i due Regni dichiararono lo stato di Pace e il loro amico Lacy riebbe le sue alucce per volare.
Ma solo nel regno fatato, ovviamente.

venerdì 23 agosto 2013

UNA VACANZA DISASTROSA di Alessia D.

Mi chiamo Alessia e il mio racconto parla di due amiche, Sara e Mary, che devono andare in Scozia per una vacanza, ma... succederà qualcosa di strano e... lo scoprirete solo leggendolo! 







Mary e Sara erano amiche per la pelle, fin da bambine, anche se erano davvero una all'opposto dell'altra, sia per aspetto fisico che per personalità e carattere.
Avevano, però, lo stesso sogno: vivere e lavorare insieme.
Quell'anno avevano appena dato gli esami di maturità e visto che lo avevano superato a pieni voti si erano guadagnate un bel regalo da parte dei loro genitori: un viaggio!
Erano piuttosto indecise sulla meta, Mary preferiva i luoghi esotici (anche se non aveva mai preso un aereo e l'idea di doversi spostare in quel modo le metteva un po' di angoscia), invece Sara amava visitare le capitali del mondo dove c'era sempre movimento e molte cose da vedere. Sara era solita viaggiare parecchio, i suoi genitori l'avevano portata con loro fin da piccola e questo le aveva permesso di sentirsi ovunque come a casa propria.
Per Mary era un bel sollievo sapere che Sara era un tipo sveglio e pratico, lei aveva sempre la testa tra le nuvole e si sentiva sempre un po' goffa e impacciata ogni volta che doveva affrontare una situazione nuova.
Dopo parecchie ore di chiacchiere e di idee scartate, le due amiche presero la loro decisione:
Mamma, papà... andremo in Scozia!” 
Sara ci era stata quando era troppo piccola per ricordarsela e Mary, ovviamente, l'aveva vista solo in fotografia quindi era un posto nuovo per entrambe. 
Ottima scelta, ragazze! Vedrete le highlands, i laghi, i fiumi, le isole, la capitale Edimburgo... e se siete fortunate, in un castello o nell'altro incontrerete anche i fantasmi!”
Sara fece un salto dalla gioia, Mary sgranò gli occhi sperando tanto che il padre di Sara stesse scherzando.

I preparativi furono molto veloci, tutto fu pronto in pochi giorni grazie alla capacità organizzativa dei genitori di Sara, e dopo le raccomandazioni del caso e un abbraccio forte i genitori di Mary lasciarono andare loro figlia e l'amica all'avventura.
Non senza un po' di preoccupazione, ovviamente.
Andrà tutto bene, signori Stefanelli”, li rassicurò Sara ed era così positiva e serena che quasi li convinse.
Mary la guardò fiduciosa, ma il pensiero di dover salire su quell'aereo le faceva tremare le gambe.
Dai, sistemati bene, mettiti comoda e rilassati!”, le disse Sara una volta raggiunti i loro posti a bordo. 
Sì, è una parola! E se cadiamo giù?2, rispose Mary bianca come un cadavere. 
Ma figurati! Ho volato centinaia di volte e non è mai successo niente!” 
Se ne sentono tante di catastrofi aeree, però... potrebbe capitare anche a noi...”, disse Mary a denti stretti. 
Bé, in effetti... è successo anche poche settimane fa sulla tratta Londra- Glasgow...”
L'uomo che stava di fianco a loro si era introdotto nel discorso delle due amiche, entrambe pensarono che era piuttosto maleducato da parte di un estraneo impicciarsi in una conversazione privata, specialmente per dire una cosa così orribile. 
Grazie mille, se se lo teneva per sé era meglio!”, sbottò Sara.
Mary le diede una gomitata, non perché avesse torto, ma non le sembrava il caso di iniziare una litigata proprio in quel momento.
L'uomo sorrise in segno di scuse. 
Sì, forse avete ragione, ad ogni modo io mi chiamo Marco”, tese loro la mano, ma nessuna delle due la strinse. Lui sorrise di nuovo e aprì il suo giornale.
A quel punto Mary si dimenticò di tutto, stavano per decollare. 
Non è andata mica male, vero?”, chiese Sara alla sua compagna di viaggio mentre l'aereo si stava bloccando sulla pista d'atterraggio di Londra. 
No, non male... anzi, mi è anche piaciuto, lo ammetto!”
Finalmente Mary sorrideva. 
Bene, mantieni il sorriso amica mia perché tra poco dobbiamo imbarcarci su quello diretto a Edimburgo...”
Mary se l'era dimenticato che c'era un cambio, ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma non poteva certo fermarsi a Londra.
Si alzarono dai loro posti, quel certo Marco le fece passare per prima e loro evitarono di dire grazie e anche arrivederci.
Appena messo piede nella sala d'aspetto il tipo si attaccò al cellulare: 
Logan, I just landed...2
Le ragazze lo superarono e se lo scordarono subito.

Erano decollati da un'ora circa, diretti a Edimburgo dove sarebbe iniziata davvero la loro vacanza, Sara stava facendo parole incrociate, mentre Mary stava sonnecchiando quando ad un tratto l'aereo cominciò a vibrare.
Sara alzò lo sguardo e cercò quello della hostess. Anche lei sembrava aver sentito... anzi, sembrava preoccupata.
Attese qualche secondo, la vibrazione stava aumentando.
Anche Mary a questo punto spalancò gli occhi e li puntò su Sara che per quanto facesse non riusciva a nascondere l'espressione tesa.
Cosa sta succedendo?”, le chiese Mary con un filo di voce. 
Non lo so, ma le hostess sono sparite...” 
Come sparite?” 
Staranno parlando col pilota per poi darci una spiegazione plausibile...”, azzardò una spiegazione Sara, senza troppa convinzione.
A quel punto l'aereo iniziò a perdere colpi, come se fosse sbattuto da una parte all'altra da una mano gigantesca.
Il panico ebbe la meglio, tutti i passeggeri iniziarono a urlare e le hostess cercavano di gridare ancora più forte: 
Mettetevi il paracadute che trovate sotto il sedile!”
Pochi le sentirono, ma Mary e Sara non se lo fecero dire due volte. Indossarono il paracadute e, chissà perché, forse per il panico, entrambe si misero lo zainetto sulle spalle.
Intanto l'aereo aveva iniziato a perdere quota. Le hostess urlarono: 
Portatevi accanto all'uscita in coda!”
Tutti cercarono di farlo, ma non tutti ci stavano riuscendo. Ad un certo punto lo sportellone si aprì e le hostess aiutarono uno ad uno i passeggeri a infilarsi il paracadute e a buttarsi. 
Tirate la corda appena siete fuori!”
Mary e Sara si guardarono atterrite, si accertarono di avere addosso il paracadute e la cordicella in mano, e si lanciarono nel vuoto.
Tirarono la cordicella nonostante l'impatto d'aria fosse stato tremendo e quando capirono che il loro paracadute si era aperto persero i sensi.

Si risvegliarono sospese tra i rami di un enorme faggio, doloranti e stordite, e impigliate tra le corde del paracadute.
Mary, Mary rispondimi!” 
Sì, ci sono... siamo ancora vive?” 
Credo di sì...”
Si guardarono attorno e videro un'enorme distesa di faggi, dall'alto. 
Dobbiamo scendere da qui... ce la fai?”, chiese Sara mentre stava armeggiando per liberarsi dagli intralci. 
Credo di avere un braccio rotto, oltre ad un sacco di botte ovunque...”, rispose Mary piagnucolando.
Accidenti! Aspetta che vengo ad aiutarti...” 
Tu stai bene?” 
Sì, mi sento frullata pure io, ma non ho niente di rotto.”
Mary ne fu sollevata, bastava lei a star male, in una situazione del genere era un miracolo sapersi vive.
In qualche modo riuscirono a scendere dal faggio, a sdraiarsi a terra e a cercare di capire come muoversi e cosa fare.
Non avevano idea di che fine avesse fatto l'aereo, il cielo era sgombro da fumo o da altro e non c'erano altri rumori se non quelli della natura. Era pomeriggio inoltrato, non avevano le forze per muoversi così Sara cercò di sistemare Mary in una posizione comoda e si diede da fare per preparare un giaciglio per la notte.
Non fu una notte serena, non serve dirlo, ma servì almeno per recuperare un po' le forze.
Appena sveglie recuperarono gli snacks che avevano negli zainetti e i succhi di frutta e fecero colazione. 
Forza mettiamoci in marcia, dobbiamo ritornare alla civiltà!”, disse Sara piena d'energia. 
Ok, capo!”, rispose Mary grata all'amica per essere così coraggiosa e forte.
Si misero in cammino e arrivarono dopo circa un'ora sulle sponde di un lago. C'era una barca ormeggiata in un piccolo molo, ma non c'era nessuno lì attorno. Sentirono un motore avvicinarsi e videro una jeep diretta proprio verso di loro. Per un attimo credettero che stesse per travolgerle, ma la jeep frenò a pochi metri e tra la polvere scese un tipo. Le ragazze si strinsero l'una all'altra, non aveva un bell'aspetto quell'uomo, le fissava in modo strano: 
Give me your bags! (Datemi i vostri zaini!)”, ordinò con voce roca. 
Non ci pensiamo nemmeno!”, rispose subito Sara, ma quello anziché fermarsi si avventò su di loro, le spinse a terra e si prese entrambi gli zaini buttandoli sul sedile del passeggero, poi le guardò torvo e risalì in auto e sgommò via.
Le ragazze erano senza parole. 
Ma chi cavolo era quello?”
Neanche finito di formulare la domanda sentirono una sirena e subito dopo videro un'auto della polizia che le stava raggiungendo. Frenò a pochi metri da loro, e loro indietreggiarono. 
Tutto bene ragazze?”, il poliziotto parlava italiano e aveva una faccia preoccupata. 
Sì, ci potete aiutare?”, chiese cautamente Mary.
Certo! Sono molte ore che vi stiamo cercando, mancavate solo voi all'appello...” 
Vuol dire che gli altri passeggeri sono sopravvissuti?” 
Sì, un vero miracolo... ma chi era quel tipo che si è fermato prima qui? Cosa voleva da voi? Una nostra volante lo sta aspettando sulla statale, lo prenderanno sicuramente...” 
Ci ha rubato gli zaini!”, urlò Sara al culmine della rabbia, ora che poteva smettere di preoccupasi per le loro sorti poteva almeno arrabbiarsi! 
Ok, ora vi portiamo in ospedale per controllare che tutto sia a posto...” 
No, non è tutto a posto, il mio braccio si deve essere rotto...”, fece notare Mary. 
Va bene, si prenderanno cura di voi, non vi agitate, è tutto finito.”
Sara e Mary non erano più agitate, erano solo stanche e avevano una gran voglia di tornare a casa. La loro vacanza finiva lì, poco ma sicuro.

Mentre erano in pronto soccorso e un'infermiera stava ingessando il braccio di Mary, l'agente che le aveva soccorse volle parlare con loro:
Conoscete per caso un certo Marco?”
Le due amiche aggrottarono la fronte e risposero insieme: 
Il cretino che c'era in aereo!”
L'agente ridacchiò: 
Bene, quel tipo vi ha messo un pacchetto con della refurtiva preziosa dentro agli zaini e quello che ve li ha rubati è stato spedito da lui per riprendersi il malloppo.” 
Davvero? E come ha fatto?”
Ci fu una lunga discussione attorno ai fatti accaduti che le tenne su di morale, l'avventura incredibile che avevano avuto aveva lati ancora più incredibili di quanto potessero immaginarsi.
Mentre stavano parlottando tra loro sentirono delle voci famigliari... 
Grazie al cielo siete sane e salve!”
I loro genitori, sollevati e commossi, erano volati fino a Edimburgo per ritrovarle attraversando ore di terrore e smarrimento. 
Tutto bene, papy... ho messo a frutto quello che mi hai insegnato tu e ce la siamo cavata!”, disse Sara raggiante. 
La prossima vacanza, però”, aggiunse Mary, “la facciamo in treno!”
E tra le risate generali la mamma di Mary sospirò: 
Tutto è bene ciò che finisce bene”, e diede un bacio sulla fronte alla sua bambina.